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DA ASSISI L’APPELLO PER LA PACE

Un impegno forte, formale, dei leader delle religioni. Un appello ai cuori di tutti, credenti e non solo, affinché la sete di pace si traduca in azioni concrete. Come ogni anno, anche stasera ad Assisi l’incontro di preghiera promosso della Comunità di Sant’Egidio si è chiuso con la firma dell’Appello per la Pace. Questi i passi salienti. LO SPIRITO CHE CI ANIMA – Realizzare l’incontro nel dialogo – «Da quell’evento storico (il primo incontro per la pace voluto da san Giovanni Paolo II nel 1986, ndr), si è avviato un lungo pellegrinaggio che, toccando molte città del mondo, ha coinvolto tanti credenti nel dialogo e nella preghiera per la pace; ha unito senza confondere, dando vita a solide amicizie interreligiose e contribuendo a spegnere non pochi conflitti. Questo è lo spirito che ci anima: realizzare l’incontro nel dialogo, opporsi a ogni forma di violenza e abuso della religione per giustificare la guerra e il terrorismo». LA PACE È IL NOME DI DIO – La guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa. – «Riconosciamo la necessità di pregare costantemente per la pace, perché la preghiera protegge il mondo e lo illumina. La pace è il nome di Dio. Chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina sulla Sua strada: la guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa». NO ALLA GUERRA! – Imploriamo i Responsabili delle Nazioni – «Diciamo con forza: No alla guerra! Non resti inascoltato il grido di dolore di tanti innocenti. Imploriamo i Responsabili delle Nazioni perché siano disinnescati i moventi delle guerre: l’avidità di potere e denaro, la cupidigia di chi commercia armi, gli interessi di parte, le vendette per il passato». NULLA È IMPOSSIBILE – Se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera – Si apra finalmente un nuovo tempo. Si attui la responsabilità di costruire una pace vera. Nulla è perso, praticando effettivamente il dialogo. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».

Umberto Folena;

Avvenire; 20 settembre 2016